Il Vescovo Primate della CPU: «I problemi non sono alle nostre spalle: serve informazione e prevenzione. Usare il preservativo è un atto di amore e di rispetto».
FIRENZE – Il 1° dicembre è la giornata mondiale per la lotta all’HIV/AIDS, una ricorrenza che – ormai da molti anni – passa in sordina su tutti i media nazionali e internazionali. Ma per parlarne bisogna prima fare una distinzione. Chi ha contratto l’HIV non è necessariamente in AIDS conclamato, condizione a cui si arriva in genere dopo anni di infezione silenziosa e non curata e quando il sistema immunitario è stato in gran parte già distrutto. Nei paesi occidentali le diagnosi di HIV sono sempre più precoci e con le terapie antiretrovirali si sono molto allungate le aspettative di vita dei positivi all’HIV fino ad arrivare quasi a quelle della popolazione generale. Diverso è il caso di chi è in AIDS conclamato, il cui recupero è più difficoltoso ma, almeno in Occidente, possibile.
«Sull’HIV/AIDS i problemi sono tre – ha dichiarato il M. Rev. Andrea Panerini, Vescovo Primate della Chiesa Protestante Unita – e tutti ugualmente gravi: il primo è che il Terzo mondo è quasi totalmente escluso dalle terapie antiretrovirale. Nel nostro paese una terapia di routine in un quadro clinico stabile arriva comunque a costare al Servizio Sanitario Nazionale oltre mille euro al mese, una spesa del tutto fuori portata per oltre i due terzi dei paesi del mondo dove, anche se diagnosticato, l’HIV evolve fatalmente in AIDS e in molti paesi, soprattutto africani la trasmissione è da madre al feto e sarebbe prevenibile con poche pasticche. Il secondo enorme problema, connesso al primo, è la sconfinata avidità delle case farmaceutiche che impongono prezzi folli per medicinali in molti casi in commercio da anni e dai quali sono rientrati abbondantemente dalle spese di ricerca, sviluppo e distribuzione. L’ultimo grave problema è lo stigma che tuttora avvolge i sieropositivi e i malati di AIDS, verso cui il pensiero dominante innalza un giudizio morale nel quale chissà quali trasgressioni si sono dovuti compiere per infettarsi e ammalarsi. Un pensiero cristianamente non accettabile. Inoltre i sieropositivi in cura e che abbiano azzerato la carica virale da almeno 3 mesi non possono in alcun modo trasmettere il virus, come evidenziato da numerosi studi scientifici di diversi paesi da almeno 15 anni a questa parte. Se il virus è non rilevabile non è nemmeno trasmissibile, e anche avere rapporti sessuali non protetti con queste persone è più sicuro che averli con persone il cui stato sierologico non è conosciuto. Il Governo e gli enti locali dovrebbero impegnarsi in campagne contro lo stigma – conclude Panerini – e finalmente avere un insegnamento obbligatorio di educazione affettiva e sessuale oltre a prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università. Usare il preservativo è un atto di amore e di rispetto».