Prima di essere ordinata diacona sono stata per un certo periodo di tempo predicatrice laica, sia per la chiesa Valdese che per la chiesa Metodista di Firenze e poi per la Chiesa Protestante Unita. Ministero storicamente nato nel metodismo, essere predicatori laici è un’esperienza molto importante, per due motivi. In primo luogo si dà un aiuto ai pastori, che spesso non hanno molto tempo e devono dividersi fra più comunità. In secondo luogo è una crescita per noi stessi: non si fonda la predicazione su qualcosa di improvvisato, è necessario leggere, studiare, capire, ma non basta. Un testo ha molti significati e si comprende nei suoi aspetti a volte leggendolo in differenti periodi della nostra vita.
Quando ci insegnano come predicare il primo lavoro che ci viene chiesto di svolgere è la compilazione di quella che viene chiamata scheda esegetica. Comprende molte parti: in primo luogo una raccolta dei testi che ricomprendono il brano da commentare: dalla Nuova Riveduta al testo greco, al testo di una Bibbia cattolica. Si scoprono così situazioni in cui una parola può essere riportata con vari significati, non profondamente diversi, ma spesso con varianti significative. Ci sono poi l’individuazione del contesto, la suddivisione del brano in parti, l’analisi dei personaggi. In sostanza una suddivisione che ci consente di comprendere meglio cosa viene detto e il senso delle parole.
La nostra ricerca ovviamente non si ferma qui. Dobbiamo dare al brano un senso che abbia significato nel contesto della narrazione: si cercano quindi le parole che indicano un comportamento, una scelta, una opzione piuttosto che un’altra. Poi dobbiamo dare a quelle stesse parole un significato che abbia senso per noi. Questa è una delle parti più difficili. Riportare all’oggi, alla nostra giornata, al contesto socio politico e religioso il significato di parole dette anche da Gesù, per renderle attuali. Significa riportare parole dette duemila anni fa o anche prima ad un senso che oggi potrebbe anche sfuggire. Non dobbiamo dimenticare che ogni azione che compiamo oggi trova spesso il suo senso proprio nelle parole che ci sembrano tanto lontane da noi.
Alcune persone impostano la predicazione, senza affrontare il lavoro che ho fin qui descritto. In generale si tratta di pastori che hanno una profonda formazione realizzata in anni di studio della teologia e, dopo anni di attività, hanno anche una preparazione abbastanza chiara di ciò che i fedeli possono comprendere. E’ comunque un percorso difficile che viene fortemente sconsigliato ai predicatori laici, anche con grande esperienza. Mancano in primo luogo di formazione, ma anche la percezione di ciò che deve essere detto non sempre è chiara e precisa. Con questo non voglio dire che i predicatori laici debbano avere più remore nel predicare, ma che il loro lavoro deve essere ancora più approfondito.
Ma la parte più significativa viene dopo. Il lavoro svolto fin qui è una ricerca analitica, un’attività intellettuale. Ma la ricerca vera del senso delle parole è soprattutto preghiera. Non dobbiamo mai dimenticarci che quello che trasmettiamo non è il senso che noi abbiamo capito, il significato che noi diamo a quel brano, ma è il significato che Dio dà a quella scrittura. La preghiera è la strada che ci apre le porte, che ci invita a riflettere, che spesso ci rivela aspetti più segreti, più nascosti. La preghiera è richiesta di aiuto a Dio, soccorso e sostegno. Perciò è la parte più importante, che ci dà fiducia e convinzione che ciò che dichiariamo non è la nostra ma la Sua parola.
Spero ci siano sempre più persone che si mettano a disposizione della Chiesa anche come predicatori laici: non solo per ribadire che la predicazione della Parola non è una esclusiva del clero, secondo la concezione protestante, ma soprattutto perché tutti e tutte siamo chiamati a testimoniare Cristo nei vari ambiti nella vita e della società.
Marta Torcini