In una recente intervista nel podcast di Alessandro Cattelan, il calciatore e difensore dell’Inter e della Nazionale italiana Alessandro Bastoni ha dichiarato che «in generale se leggi un po’ i commenti il sacrificio è solo quello dell’operaio o del muratore che si sveglia al mattino. Invece non essendo all’interno di questo mondo si fa fatica a capire quello che è un sacrificio per un calciatore. Il tempo penso sia la cosa che nessuno ti può ridare indietro e noi ne abbiamo veramente poco nel senso che giochiamo talmente tanto che siamo proprio via da dalla famiglia, dai figli, da mogli. Questa è la cosa che pesa un po’ di più, poi è normale che il discorso si riduce sempre al fatto che guadagniamo i milioni, ma è una cosa secondo me sbagliatissima». Bastoni ha poi proseguito dicendo che «ripeto, il tempo secondo me è una cosa impagabile, adesso ho una figlia e la vedo crescere attraverso i video che mi manda mia moglie e chiaramente non è il massimo ma riconosco anche che non siamo gli unici a ad esservi via tanto tempo quindi va bene così. Noi facciamo i ritiri e una settimana tipo nostra è divisa in questo modo: sabato andiamo in ritiro e domenica giochiamo, poi lunedì ci alleniamo, martedì andiamo in ritiro e mercoledì giochiamo. Poi ancora giovedì e venerdì ci alleniamo e sabato andiamo in ritiro per la partita di domenica. Io dormo a casa di base due o tre notti a settimana e poi i giorni che comunque dormo a casa son via fino alle 2-3 del pomeriggio perché ci alleniamo. Quindi il tempo è veramente ristretto».

Ora, sintassi italiana a parte, lasciamo anche perdere considerazioni pseudo-filosofiche sulla perdita irreparabile del tempo, visto che dubito fortemente che Bastoni abbia mai letto Seneca. Cercando di trattenere pulsioni populiste, non posso però evitare di pensare quanto sia fuori dal mondo reale e dalla realtà il mondo del calcio a livello professionistico. Una bolla di sempre più intollerabile privilegio in cui gli autentici valori dello sport (il merito, la lealtà, il rispetto degli avversari) stanno sempre più sbiadendo.

Bastoni guadagna 5,5 milioni di euro netti all’anno (più bonus in base alle prestazioni e ai risultati della squadra). Prescindendo da questi ultimi, sono 458.333 euro al mese, 114.583 euro alla settimana, 16.369 euro al giorno, 682 euro all’ora. Un operaio o muratore, quando va bene, guadagna 1.200 euro al mese, 15.600 euro all’anno con la tredicesima, 300 euro a settimana, 42,85 euro al giorno, 1,79 euro all’ora. Il reddito di cittadinanza (500 euro al mese, 750 con bollette e affitto) è stato abolito e molto ridotto nella platea dei beneficiari con l’assegno di inclusione. L’invalido con riduzione della capacità lavorativa dal 74% al 99% prende un assegno di 340 euro al mese per 13 mensilità, l’invalido al 100% prende un assegno di 560 euro per 13 mensilità più un eventuale assegno di accompagnamento per i non autosufficienti di 540 euro per 12 mensilità (che va a chi aiuta queste persone). E tutte queste insufficienti prestazioni sociali che lo Stato riconosce sono condizionate da bassi limiti di reddito, oltre i quali sono revocati o decurtati. Senza parlare del fatto che, ormai, il lavoro fisso è un miraggio, i salari sono gli stessi da 30 anni senza tenere conto dell’inflazione mentre le società di calcio e i giocatori hanno persino usufruito di consistenti sgravi fiscali negli ultimi anni, contenuti nel famigerato decreto Crescita, anche fino al 50% dell’imponibile per i giocatori che rientravano in Italia.

Nessuno contesta che per essere un atleta, specialmente al livello di un professionista, sono necessari numerosi sacrifici fin dall’infanzia e dall’adolescenza. Ma parliamo sempre di persone che tirano un calcio a un pallone, a cui dovrebbe anche piacere molto lo sport che praticano. Quante persone, se hanno la fortuna di avere un lavoro, fanno un lavoro che non gli piace e di notevole sacrificio e rischio pur di mangiare, pagare affitto e spese, mantenere i figli, senza la possibilità parimenti di dedicarsi alla famiglia? Che fanno 40 ore alla settimana e sono anche costretti a fare un secondo o terzo lavoro al nero per arrotondare?

Il Presidente della Repubblica italiana prende un sostanzioso assegno netto di circa 400.000 euro all’anno, il Presidente degli Stati Uniti percepisce allo stesso modo circa 400.000 dollari ogni anno. Perché mai un atleta dovrebbe guadagnare 15 volte quello che guadagna un Capo di Stato (compresa la persona più potente del mondo)? Senza considerare il fatto che esistono anche calciatori – per fortuna non tanti – che guadagnano anche molto più di Bastoni.

Tutti noi ci siamo spaventati per la crisi cardiaca del giocatore della Fiorentina Edoardo Bove. Ma solo in Italia (dati 2024) sono morte 1.090 persone sul posto di lavoro ovvero 3 al giorno, specialmente in lavori pesanti, sottopagati e non garantiti. E non parliamo delle 700 milioni di persone nella povertà assoluta nel mondo (dati ONU), senza cibo, acqua e medicinali e dei milioni di bambini che ogni anno muoiono nel mondo per l’ingiustizia sociale.

Allora Alessandro Bastoni doveva assolutamente evitare di fare paragoni che gridano vendetta al cospetto di Dio per la loro palese ingiustizia. Non so se per ingenuità o inconsapevolezza le parole del difensore dell’Inter sono molto offensive e – anche a chi magari non si è mai considerato di sinistra – dovrebbe far salire una irrefrenabile voglia di lotta di classe, che – a dirla tutta – sono i capitalisti che stanno vincendo. Bastoni parli pure di sacrifici ma non parli dei veri lavoratori e delle persone “normali”. Non le conosce e non le rispetta. Se Bastoni e altri calciatori hanno problemi di salute hanno immediatamente le migliori cure in costose strutture private mentre i comuni mortali devono aspettare mesi o anni per accedere al Servizio Sanitario Nazionale che è stato progressivamente depauperato anche per non colpire fiscalmente i salari di persone come loro. «Testa di calciatore buona solo per portare cappello» diceva il compianto Vujadin Boškov

Nella Cina comunista (prima che si trasformasse in un capitalismo di Stato) gli studenti universitari (futura classe dirigente) erano costretti per alcune settimane all’anno a fare un lavoro manuale nei campi o nelle fabbriche. Forse non sarebbe male che anche i calciatori strapagati facessero lo stesso (o lavorassero davvero in realtà sociali a contatti con i più emarginati) invece di elargire qualche spicciolo in beneficienza per tacitare la coscienza.

Andrea Panerini

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