Giornata della memoria: «ricordare per dire mai più»

FIRENZE – Oggi 27 gennaio si ricorda la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau da parte dell’Armata Rossa, dove oltre 1 milione di persone (ebrei, omosessuali, rom, slavi, oppositori politici…) sono state uccise. «Questo è un giorno fondamentale non solo per l’Europa e il mondo ma anche per tutti i cristiani» afferma il Vescovo Primate della Chiesa Protestante Unita M. Rev. Andrea Panerini, che è anche uno storico. «E’ assolutamente il ricordare per dire mai più, rigettando il solito teatro politico che strumentalizza e svilisce il profondo significato di questa ricorrenza e per far sì che non possa accadere nel presente e nel futuro una tale tragedia. Purtroppo nel recente passato sono già tornati accadimenti simili (pensiamo alla Bosnia, al Kosovo, al Ruanda) ma stanno anche verificandosi nel nostro presente tragedie che ci ricordano da vicino la Shoah, come il conflitto israelo-palestinese, l’Ucraina, le guerre civili in Africa. Come italiani, eredi della vergogna delle leggi razziali, dobbiamo sorvegliare attentamente la classe di governo che si allontana dai valori della nostra Costituzione e della Resistenza al nazi-fascismo. Il nostro paese è stato teatro di quegli avvenimenti e la contingenza politica non ispira molta fiducia in tal senso, come anche in Germania. Purtroppo le istituzioni sovranazionali istituite nel secondo dopoguerra, come le Nazioni Unite» conclude Panerini «hanno dimostrato di essere succubi delle grandi potenze, specialmente dopo la caduta dell’URSS e di essere quasi totalmente inefficaci per il rispetto dei diritti umani».

Sul fronte avventista, per il pastore Victor Hulbert, già responsabile del Dipartimento Comunicazioni presso la Regione intereuropea della chiesa avventista, «il cristiano più noto a essere imprigionato (non ad Auschwitz, ndR) fu il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer. I nazisti lo impiccarono il 6 aprile 1945, dopo aver trascorso due anni in vari campi di concentramento. Tra le sue frasi più sagge, scrisse: Il silenzio di fronte al male è esso stesso male». «Un’altra prigioniera cristiana» ricorda Hulbert «era Corrie ten Boom che, con la sua famiglia, aveva aiutato circa 800 ebrei a fuggire finché un vicino olandese non tradì. Il suo libro The Hiding Place e la successiva missione di perdono hanno avuto un impatto significativo».

Dopo ottant’anni, la memoria di quella tragedia rischia di spegnersi con la scomparsa dei sopravvissuti ai lager nazisti. Ma ci sono ancora gli eredi di quei racconti, figli e nipoti che continuano a condividere le terribili esperienze dei loro cari che non ci sono più. Ne è un esempio la storia narrata dal pastore Ryszard Jankowski, presidente emerito della Chiesa avventista in Polonia. Hulbert ha raccolto le sue parole in un video (che potete vedere qui in inglese).
Racconta Jankowski: «Nel 1943, una vicina di casa di mia nonna andò alla Gestapo e disse che vi erano delle persone che osservavano il sabato. “Davvero? Bene” risposero i nazisti. Poi vennero e portarono tutta la mia famiglia nei campi di concentramento. Alcuni furono deportati ad Auschwitz, mentre mia nonna e le sue tre figlie furono mandate a Ravensbrück. Non fu facile. Le ragazze sopravvissero ma lei no. Prima di morire, mia nonna chiamò le figlie e disse loro: “Siate fedeli al Signore, a Gesù Cristo che è un Salvatore meraviglioso ed è con noi in questa condizione. Siategli fedeli”. Dopo pochi giorni, morì. A casa mia mettiamo in pratica le sue parole e la Bibbia è sempre presente. Anche se siamo seguaci di Gesù, non è tutto semplice e facile. Quando imparo di più su Gesù e sul suo amore, penso: “Signore non sono degno di essere tuo servitore”. Ma lui è meraviglioso. Dio ci dà la possibilità di seguirlo e fa grandi cose nella nostra vita». La nonna di Jankowski morì in quel campo di concentramento, eppure instillò una fede tale nelle figlie che la sua influenza si diffuse nelle generazioni successive. Ottant’anni dopo, vi è una testimonianza vivente della sua fede. Seguendo la saggezza e l’esempio della nonna, il pastore ha dedicato la sua esistenza a condividere la buona notizia di Gesù e l’amore di Dio che la nonna aveva trovato, anche in un campo di concentramento. Il suo più grande desiderio è che un numero sempre maggiore di persone conosca quel Dio, anche nei momenti difficili.

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