L’articolo che segue è una rielaborazione della proposta di Galtung per il Medio Oriente. Johan Galtung, sociologo e matematico norvegese, morto il 17 Febbraio 2024, fondatore del Peace Research Institute ad Oslo, del Journal of peace research e direttore della rete “Transcend International: A peace and development network” per la risoluzione dei conflitti, un uomo che sulla scorta dell’esperienza spirituale e politica di Gandhi ha tentato di darne una impostazione ulteriormente scientifica in chiave sociologica attraverso il cosiddetto metodo TRANSCEND.
Israeliani: Noi costituiamo una nazione, con lo stesso diritto di tutte le altre ad avere il nostro stato, Israele, nella nostra terra storica, dove possiamo sentirci al sicuro. Uno Stato nel quale tutti gli ebrei possono tornare, con capitale Gerusalemme. Una democrazia con diritti umani.
Palestinesi: Noi costituiamo una nazione, con lo stesso diritto di tutte le altre ad avere il nostro stato, Palestina, nella nostra terra storica, dove possiamo sentirci al sicuro. Uno Stato nel quale tutti i palestinesi possono tornare, con capitale Gerusalemme. Una democrazia con diritti umani.
Ovviamente si tratta di una semplificazione di una realtà molto complessa, ma rende evidente un punto: Israeliani e Palestinesi vogliono la stessa cosa. Avere gli stessi obiettivi sembra un vantaggio, ma non lo è quando sono intesi in modo mutuamente esclusivo.
Negli studi sulla pace esiste un modo per identificare gli esiti o soluzioni di un conflitto che rappresentiamo qui accanto. Esistono dunque 5 possibili soluzioni.
Vinco io (e tu perdi) → 0, 1
Vinci tu (ed io perdo) → 1, 0
Perdiamo entrambi → 0, 0
Vinciamo e perdiamo entrambi → ½ , ½
Vinciamo entrambi → 1, 1
Nel conflitto armato in Medio Oriente quali soluzioni possono essere messe in campo?
1) COMPETIZIONE – Vince Israele: Uno Stato solo, Israele prende l’intero territorio della Palestina. Espulsione di tutti i mussulmani (o almeno degli estremisti mussulmani, consentendo esclusivamente ai mussulmani che si dimostrano moderati di restare).
Questa soluzione risulta infattibile per il semplice fatto che i palestinesi vi abitano da tempo immemore e in aggiunta, Gerusalemme per i palestinesi (a maggioranza musulmana) rappresenta la terza città più sacra per l’Islam. Egitto, Iraq, Iran, Arabia Saudita non permetterebbero mai di perdere quelle terre. Dunque la vittoria di Israele segnerebbe l’ingresso nella guerra di altri attori, che si coinvolgerebbero sia in una classica guerra offensiva con eserciti sul campo, sia attraverso forme di guerriglia e/o terrorismo. Dobbiamo ricordare che il terrorismo oltre ad essere fomentato dal fanatismo, costituisce comunque l’unica forma di resistenza armata praticata da chi non ha risorse economiche. Inoltre, dal momento che Israele non è “solo”, ma è sostenuto dai paesi occidentali, in primis Stati Uniti, la vittoria di Israele segnerebbe una probabile ondata di fanatismo contro i paesi che sostengono i Israele e persino la caccia all’ebreo, vale a dire una nuova ondata di antisemitismo in tutto il mondo.
2) COMPETIZIONE – Vince la Palestina: Anche qui, uno Stato solo, la Palestina, che prende l’intero territorio. Israele si farebbe da parte. Espulsione di tutti gli israeliani (o almeno dei fondamentalisti ebrei, consentendo esclusivamente agli ebrei moderati di restare). Finalmente sarebbe la vittoria sopra uno Stato che compie atti terroristici, che sta sterminando un intero popolo, donne, bambini… migliaia di morti e un paese distrutto. Ma anche questa soluzione non è praticabile. Gli ebrei si percepiscono come un popolo speciale, eletto da Dio per portare la verità in questo mondo, unico popolo dell’antichità sopravvissuto, la cui identità è fortemente legata alla terra, a quella terra. Inoltre, dopo tutte le vessazioni secolari e dopo l’Olocausto è apparso quanto mai evidente la necessità di dare loro una casa, un rifugio dove vivere protetti. Tornare indietro adesso, sconfessare l’ONU, le nazioni mondiali sarebbe percepito come una catastrofe umanitaria, come uno schiaffo all’Olocausto. No, gli ebrei non lo accetterebbero mai e con loro gli stati Occidentali, USA e gli UK in particolare, che da sempre sostengono economicamente e militarmente lo Stato di Israele. Sarebbe guerra permanente.
3) TRASCENDENZA NEGATIVA – E’ la soluzione 0, 0 una soluzione egualitaria, ma al ribasso! Un unico Stato governato da una terza parte, non più israeliani, non più palestinesi, ma turchi, oppure inglesi oppure direttamente le Nazioni Unite imponendo un nuovo nome, non più Israele, né Palestina, ma uno Stato laico, senza identità religiosa, uno stato che non impedisce la pratica religiosa, ma in modo simile ai paesi dell’Occidente praticherebbe una netta separazione tra Stato e Religione che verrebbe così relegata a fatto privato. Sarebbe uno Stato che non si richiama alle radici di Israele o della Palestina e che quindi assumerebbe un nome neutro. Sarebbe uno Stato che non entrerebbe per Costituzione a far parte della NATO, né di altre alleanze militari, ma sarebbe neutrale. Certo, sarebbe una situazione paritaria per israeliani e palestinesi, ma in pratica una sconfitta per entrambi. Secondo Galtung questa sarebbe una formula del passato, una via praticabile solo temporaneamente. In effetti i bisogni legati all’espressione identitaria di ebrei e mussulmani è troppo forte per lasciarla in mano ad altri oppure per relegarla a fatto privato. Non viene intesa così né da ebrei, né tantomeno da mussulmani. Ci sarebbero enormi pressioni dall’una e dall’altra parte e prima o poi ciascuna delle due parti cercherà di riprendere il sopravvento con il supporto sotterraneo di alleanze segrete con l’Occidente o con l’Oriente. L’elemento religioso legato alla terra, ai luoghi è troppo forte per metterlo in serie B. Gli interessi in gioco da parte del mondo Islamico da una parte del mondo Occidentale dall’altra sono troppo forti per praticare una relatività.
4) COMPROMESSO – E’ la via più ovvia: una terra, due Stati, Israele e Palestina, entrambi ufficialmente riconosciuti dall’ONU. E’ la soluzione invocata da molti. Ad oggi, 2024, la Palestina è riconosciuta come Stato solo da una minoranza di nazioni. Israele e quasi tutto l’Occidente, compresa l’Italia, non la riconoscono. Sulla carta, il compromesso potrebbe essere qualcosa che funziona, e tutto sommato è sempre meglio che continuare la guerra per ottenere una soluzione unilaterale. Tuttavia nella teoria dei conflitti e della pace esiste un concetto chiave, una condizione necessaria per orientarsi verso la pace: EQUITA’, vale a dire reciprocità, uguaglianza. Sulla carta il compromesso è una forma di equità, ma nel caso in esame la soluzione due Stati è vera equità? Uno dei fattori che hanno fatto fallire gli accordi di Oslo (1993) fu proprio la mancanza di equità tra le due nazioni, l’una riconosciuta come Stato vero e proprio (Israele), l’altra come una non ben definita “autonomia”. Questa soluzione non poteva andare lontano e di fatto non partì. Al contrario, ricorda Galtung che quando nel secondo dopoguerra in Europa si volevano mettere in piedi processi economici collaborativi, i francesi non lasciarono da sola la Germania con il Lussemburgo e il Liechtenstein, ma intervennero la Francia e l’Italia che entrarono nell’accordo proprio per allargare il quadro relazionale, con politiche di riequilibrio. Da quella politica nacque il MEC, il nucleo embrionale della Comunità Europea. Non basta infatti, una equità formale, una equità politica: occorre una equità sostanziale, ma quella tra Israele e Palestina non potrebbe esserlo, perché Israele è economicamente e militarmente troppo superiore alla Palestina, come la Germania lo sarebbe stata nei confronti del Lussemburgo. A lungo andare Israele avrebbe schiacciato e sottomesso economicamente la Palestina rendendola sempre più dipendente. Dal livello delle armi si passerebbe alla guerra economica, finanziaria che alla lunga potrebbe portare nuovamente all’impiego delle armi. Inoltre, si presenterebbe sempre il problema della condivisione dei luoghi sacri, come Gerusalemme. Il compromesso è da una parte una mezza vittoria, ma dall’altra è percepito sempre come una mezza sconfitta e il detto che “l’erba del vicino è sempre più verde” è quanto mai applicabile a questa situazione. Anche questa potrebbe essere solo una soluzione temporanea, poi ciascuna delle parti non si accontenterebbe della metà, vorrebbe avere tutto. No, secondo Galtung, uno dei massimi sociologi del conflict management e fondatore degli studi moderni sulla pace, il compromesso come “una terra, due Stati” non può funzionare. Non in Palestina. Occorre trascendenza positiva.
5) TRASCENDENZA POSITIVA – Una confederazione di Stati. Proseguendo le riflessioni legate al compromesso, la soluzione a questo punto sembra quasi ovvia: chiudere gli accordi bilaterali e aprire ad accordi multilaterali, facendo entrare nell’accordo altri Stati. Il modello potrebbe essere una via di mezzo tra quello degli USA e quello della Comunità Europea, una comunità di 6 Stati:
a) Israele (Capitale Gerusalemme Ovest, due cantoni palestinesi all’interno)
b) Palestina (Secondo i confini del 1967, Capitale Gerusalemme Est, due cantoni israeliani all’interno)
c) Giordania
d) Siria
e) Libano
f) Egitto.
Ma non basta. Occorrono altri punti fondamentali:
● Egitto e Giordania che hanno enormi territori, dovrebbe cedere alcune terre ai palestinesi, loro fratelli, attualmente eccessivamente “compressi”.
● La Confederazione concorderebbe programmi congiunti di educazione / formazione alla pace perché è necessario applicare politiche di trasformazione delle coscienze
● La Confederazione dovrebbe applicare un pattugliamento congiunto dei confini, attraverso un esercito comune mentre dovrebbe esserci libera circolazione all’interno dei confini, come avviene nella Comunità Europea.
● La Confederazione dovrebbe avere politiche comuni per l’acqua, le armi, la sicurezza e il commercio.
● Le due capitali a Gerusalemme si costituirebbero una unica municipalità federata, ospitando tutte le rappresentanze dei 6 Stati federati, delle Nazioni Unite e dell’Islam, Ebraismo e le Istituzioni Ecumeniche Cristiane affinchè possa applicarsi un vero dialogo e la presenza fisica di tali rappresentanze possa attivare una deterrenza per nuove guerre.
● Quanto prima si dovrà avviare un processo di Verità e Riconciliazione a somiglianza di quanto praticato in Sudafrica. Infatti, la situazione in Medio Oriente non è così diversa da quanto Nelson Mandela si è trovato a dover affrontare in Sudafrica.
Non sarà facile mediare questo programma di pace. Più che uno Stato, Galtung propone che si facciano avanti una o più personalità rispettate da Ebraismo e Islam, supportate dall’ONU. Non è possibile vera pace senza trascendenza. La trascendenza è il superamento del conflitto attraverso un’opera creativa, quella che riesce a tenere insieme gli opposti, quella che tiene insieme i bisogni e le aspirazioni fondamentali di entrambe le parti, di Israele e contemporaneamente di Palestina, ma non solo: anche quelli dei territori circostanti legati a Israele e Palestina da rapporti economici, religiosi e identitari.
Tenere insieme gli opposti. E’ il principio ecumenico dell’et-et, quello che ha permesso ai cristiani di poter guardare la realtà da prospettive diverse e persino contrapposte: Gesù vero uomo E ANCHE vero Dio. La Bibbia, completamente parola umana e completamente Parola di Dio. Dio stesso Uno E ANCHE Trino. Occorre che quella terra, in Medio Oriente sia completamente e interamente di Israele E ANCHE interamente e completamente della Palestina. Non occorre allargare i confini, ma le vedute. Invece della contrapposizione, l’inclusività. Invece del sistema punitivo, verità e riconciliazione.
In una parola: TRASCENDENZA.
Giampaolo Pancetti