L’AIA (PAESI BASSI) – La Corte penale internazionale (CPI) ha emesso tre mandati d’arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della difesa israeliano Yoav Gallant e, in assenza di conferme sulla sua asserita morte, del comandante delle brigate al-Qassam Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, noto come Deif per il periodo analizzato dall’8 ottobre 2023 al 20 maggio 2024, non coprendo, pertanto, i crimini commessi dopo questo periodo.
Netanyahu ha ribattuto con il solito argomento: dando degli «antisemiti» ai giudici della Corte, mentre la politica italiana ha fatto la stessa misera figura di tante altre volte con un ministro degli Esteri che auspica che le decisioni della Corte siano «giuridiche e non politiche» (dove è facilmente intuibile un deprecabile arrière-pensée) e un altro ministro, del quale per carità di Patria non diciamo il nome, che propone che l’Italia – per difendere un’organizzazione terroristica e uno stato criminale – disobbedisca alle proprie leggi, alla propria Costituzione e ai trattati internazionale liberamente firmati dal nostro paese e ratificati dal Parlamento.
Amnesty International ha commentato la notizia giunta dalla Corte internazionale diramando il commento di Agnés Callamard, sua segretaria generale: «La giustizia internazionale si è messa finalmente al passo rispetto a coloro che sono sospettati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Palestina e in Israele. I mandati d’arresto di oggi rappresentano un momento storico per la giustizia e devono essere il segnale dell’inizio della fine della persistente e diffusa impunità che è al centro della crisi dei diritti umani in Israele e nel Territorio palestinese occupato». Emettendo questi mandati d’arresto, «la Corte penale internazionale reca finalmente una speranza concreta di giustizia alle vittime di crimini di diritto internazionale e ripristina un po’ di fiducia nei valori universali degli strumenti legali internazionali e della giustizia internazionale. Sollecitiamo ora tutti gli stati parte della Corte penale internazionale e anche gli altri, come gli Usa e ulteriori alleati di Israele, a mostrare rispetto per la decisione della Corte e per i principi universali del diritto internazionale arrestando e consegnando alla stessa Corte le persone ricercate».
Il Vescovo Primate della Chiesa Protestante Unita, il M. Rev. Andrea Panerini ha commentato dicendo che «si tratta di atti dolorosi ma necessari: iniziare il procedimento penale da un lato verso una organizzazione terroristica che ha fatto migliaia di morti tra innocenti civili, dall’altro verso gli esponenti di un governo criminale e terroristico che ha fatto anche di peggio rispetto ad Hamas. Israele non è un’organizzazione terroristica ma uno Stato che è parte della comunità internazionale ed è pertanto obbligato a rispettare le leggi internazionali. E’ evidente, invece, che dal 7 ottobre 2023 il suo Governo opera totalmente al di fuori del diritto internazionale e i suoi esponenti devono necessariamente essere chiamati a rispondere di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. Dicendo questo – conclude Panerini – non vi è alcun intento antisemita: non tutti gli ebrei del mondo sono cittadini israeliani e la maggioranza dei cittadini israeliani non supporta l’attuale Governo, anzi lo contrasta. Israele ha il diritto di esistere ma non ha il diritto di sterminare i palestinesi per occuparne i territori, come molti esponenti di estrema destra dell’attuale esecutivo israeliano hanno detto e sostenuto esplicitamente. Israele andrebbe quantomeno essere equiparata alla Russia, con tanto di sanzioni applicate.»
La Corte penale internazionale (EN: International Criminal Court – ICC; FRA: Cour pénale internationale – CPI) è un tribunale per crimini internazionali che ha sede a L’Aia, nei Paesi Bassi. La sua competenza è limitata ai crimini più seri che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, cioè il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra (crimina iuris gentium), e anche il crimine di aggressione (art. 5, par. 1, Statuto di Roma).
La Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati, dunque può intervenire se e solo se gli Stati non possono (o non vogliono) agire per punire crimini internazionali. La Corte penale internazionale non è un organo dell’ONU e non va confusa con la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite, anch’essa con sede a L’Aia. Ha però alcuni legami con le Nazioni Unite: ad esempio il Consiglio di sicurezza ha il potere di deferire alla Corte situazioni che altrimenti non sarebbero sotto la sua giurisdizione (art. 13(b), Statuto di Roma).
Lo Statuto di Roma fu firmato dagli Stati membri nel 1998 e attualmente ben 124 paesi (tra cui tutti quelli d’Unione Europea) ne fanno parte e sono obbligati a rispettare e coadiuvare le decisioni della Corte.