“Chiunque crede e vive in me non morirà in eterno”. La vita eterna che Cristo ha promesso a coloro che crederanno in lui è una vita che inizia già ora, una vita senza fine. Certo, noi concepiamo la fine della vita come la cessazione delle funzioni organiche, in particolar modo l’attività cardiaca e cerebrale, ma è inevitabile che con la vita cessano anche tutte le attività di una persona, tutti i loro impegni, tutto ciò che le differenziava. La vita eterna dunque che ha inaugurato Cristo è una vita che continua, che non si interrompe, che non ha ostacoli, che non segue vie tortuose, che non incontra difficoltà. Ecco allora che comprendiamo quanto la comunione piena tra le varie confessioni cristiane erroneamente continui a incancrenirsi sui progressi fatti, seguendo un metodo scientifico che non ha nulla di teologico né di cristologico. È naturale che la scienza progredisca, e che ogni scienziato parta da dove il precedente è giunto, in una staffetta per cui ogni studioso aggiunge, aumenta il proprio impegno per raggiungere risultati sempre migliori e sempre più produttivi. Parimenti fa così la tecnica in tutti i suoi settori.
“Tra voi però non sia così” e questo farsi ultimi è rappresenta la prospettiva anche per una piena comunione. Quante volte, infatti, le varie confessioni religiose hanno avuto come obiettivo il futuro, l’instaurarsi di tempi nuovi, il progredire inteso come progresso, come punto di arrivo, ed ecco che, in quest’ottica, si guarda sempre avanti, si elencano i risultati raggiunti, dimenticando l’essenziale. Ogni risultato raggiunto, ogni traguardo ha il sapore della conquista di obiettivi umani che, va ribadito, ha una funzione importante in tanti ambiti umani, ma non in questo caso. Qui, invece, non siamo noi i protagonisti, non è la nostra abilità contrattuale, la nostra oratoria, la nostra persuasione, il nostro convincimento, i nostri compromessi o le nostre compromissioni che ci faranno giungere alla Verità, ma al contrario, sarà solo Lui che ci porterà ad essere una cosa sola cosa.
Per questo è sbagliato continuare a concentrarsi sul guardare avanti e sul focalizzarsi su quanta strada si sia percorsa, laddove invece la prospettiva va ribaltata, bisogna guardare indietro, bisogna ritornare agli albori, riprendere in mano non i testi di sociologia o di psicologia moderni, ma la Sua parola, pregare insieme e lasciare che sia Lui il protagonista, sia Lui a parlare, a parlarci. Solo ripartendo sempre, senza sosta, senza affaticarci, dall’inizio, potremo comprendere, che “ciò che ci accomuna è molto di più di quanto ci divide” senza bilancini storici dove, come fossimo in economia politica, si cerca in continuazione di sottolineare gli apporti di questa o quella confessione, come fosse una competizione, e soprattutto una competizione tra uomini. Questo stesso modo di procedere è divisorio, è paradossalmente una delle motivazioni che portano ad una distanza e non a una comunione, anche se praticato con il migliore degli intenti possibili.
Esattamente come l’ansia del raggiungimento degli obiettivi ha in sé un costrutto per nulla escatologico ma estremamente finalistico, scopistico, quasi aziendalistico, tutto un modo che sottostà a leggi umane, troppo umane, e con le quali, si è visto, non si raggiunge nessuno degli obiettivi che ci si è prefissati.
Ecco dunque quale è la vita eterna, una condizione di staticità, non alimentata dai moti ondulatori perpetui di chi pretende di imporre una supremazia di stampo, spesso anche di tipo religioso. La vita eterna, che già si ha questa terra è invece Cristo e parte proprio dal credere in Lui, da lì si noterà che già c’è la solidità di quel sentire il divino in noi che fa sì che viva in noi come Cristo vive nel Padre e sono una cosa sola.
Matteo Salvatti