La Chiesa Protestante Unita appoggia l’abrogazione della legge contestata
ROMA – Sono state depositate le firme per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata, primo referendum che ha potuto beneficiare della raccolta on-line. Il risultato è oltre un milione e trecentomila elettori che hanno deciso di far votare i loro concittadini su questo importante tema istituzionale, oltre le più rosee aspettative. Le opposizioni all’attuale governo di destra, promotrici insieme a diverse associazioni, sono soddisfatte per «questa risposta forte e chiara della gente». Contro la legge Calderoli – che in questi giorni sostiene che «il referendum che chiede l’abrogazione di un’intera legge sarà giudicato inammissibile» e quindi sarà respinto dalla Cassazione – è partita in pochi giorni la campagna per l’abrogazione, sostenuta dal Partito Democratico, dai 5 Stelle, +Europa, Azione, Alleanza Verdi e Sinistra, PSI e Italia Viva con il sostegno di ACLI, ARCI e CGIL.
Per l’abrogazione servivano 500mila firma, traguardo raggiunto in una decina di giorni. Oggi è stato anche depositato un altro quesito, parziale, sulla stessa legge su iniziativa di 5 Consiglio Regionali, come previsto dalla Costituzione: Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana, tutte Regioni governate dal centrosinistra.
Il primo referendum che ha beneficiato della possibilità di raccogliere le firme on line, è stato depositato ieri in Cassazione: un milione e trecentomila elettori hanno sottoscritto il quesito per abolire la legge sull’autonomia differenziata. Le opposizioni, promotrici insieme a diverse associazioni, esultano per «questa risposta forte e chiara della gente». Ma la battaglia sulla Rai ha lasciato scorie tra i due maggiori rappresentanti della minoranza: Giuseppe Conte e Elly Schlein, alla consegna delle firme, si salutano solo con un cenno e rimangono ben distanti anche al momento della foto di gruppo sulle scale del Palazzaccio.
Contro la legge Calderoli, approvata dal parlamento a giugno, è partita immediatamente la campagna per l’abrogazione, sostenuta da Pd e M5S a +Europa, Azione, Avs, Psi e Italia viva, passando per Acli e Cgil. La possibilità di aderire on line ha reso il raggiungimento della quota minima di 500 mila firme più semplice: l’obiettivo infatti è stato tagliato in una decina di giorni dall’avvio. In realtà però, già oggi, sarà depositato in Cassazione un ulteriore quesito per l’abrogazione parziale della legge che ammette la devoluzione di 23 materie alle Regioni, su iniziativa di cinque Consigli regionali, tutti a guida centrosinistra: Campania, Emilia- Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana.
La legge 26 giugno 2024 n. 86 a prima firma del ministro Roberto Calderoli ha come scopo di dare attuazione dell’articolo 116 della Costituzione come modificato dalla riforma del Titolo V approvata dal centrosinistra nel 2001. Prevede la devoluzione alle Regioni di 23 materie tra cui rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salvo l’autonomia delle istituzioni scolastiche; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Competenze che andrebbero a formare una politica autonoma e indipendente delle Regioni sulla politica estera, sulla sanità, sull’istruzione e la ricerca scientifica, sulla sicurezza del lavoro, le infrastrutture e l’energia, tanto per fare qualche esempio.
«Il rischio è quello di creare 20 piccole repubbliche semi-indipendenti – dichiara il membro del Concistoro della Chiesa Protestante Unita, Francesco Benozzi – e di minare la solidarietà tra diverse parti del paese. Viene promesso che si introdurranno i Lep ovvero le prestazioni minime ma sappiamo che questo già non funziona con la sanità, non si vede come possano funzionare su così tante materie fondamentali. Le Regioni in realtà sono gli enti più costosi per il cittadino e più inutili se non dannosi nella nostra architettura costituzionale. Al centralismo di Roma si sta sovrapponendo un centralismo a 20 voci con il susseguirsi di notevoli scandali e sprechi di denaro pubblico e la distanza del cittadino dall’istituzione si moltiplica. Forse sarebbe più fondato decentrare ad enti come Province, Comuni e Quartieri, più vicini alle persone. Inoltre rimane indeterminato quale peso avranno le Regioni sull’effettivo esercizio della libertà di culto, già così gravemente compressa e compromessa. Per questi motivi – e non per contiguità ideologia con nessuno – il Concistoro della Chiesa Protestante Unita ha deciso di appoggiare questo referendum per una Italia solidale e non campanilistica», conclude Benozzi.